Storie di bit
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Le storie della settimana

14 aprile 2024

Questa settimana:

Regole di Internet:
• Bending Spoons compra anche StreamYard • Perché la Cina non sta regolamentando l’intelligenza artificiale

Intelligenze artificiali:
• In breve ✨ • Le istruzioni che Google ha dato a Gemini 1.5 Pro • Internet è troppo piccolo per l’AI?

Reti e telecomunicazioni:
• In breve ✨ • Antipirateria: nemmeno il blocco dei domini funziona • Un passo avanti per la CDN Rai? • L’importanza di Cloudflare, nel bene e nel male

Cybersecurity:
• Pasticci in Sella: alcuni dettagli sulle cause dei disservizi

In real life:
• Gli stipendi degli sviluppatori software nel mondo

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Regole di Internet

• Bending Spoons compra anche StreamYard

La startup italiana Bending Spoons ha annunciato di aver acquisito per un importo sconosciuto l’azienda StreamYard/Hopin. Il prodotto principale dell’azienda si chiama appunto StreamYard ed è un popolare strumento per lo streaming video online. È una specie di “regia” video semplificata molto usata anche in Italia per trasmettere webinar e in generale dirette su YouTube e altre piattaforme di streaming.

La strategia di Bending Spoons è da sempre quella di acquisire prodotti già esistenti, che non generano profitti ma con del potenziale, investirci e farli crescere. Non realizza quindi prodotti propri né svolge consulenza. È stata un’eccezione solo l’app Immuni per il tracciamento dei contatti, realizzata gratuitamente per lo Stato nel 2020. Anche l’acquisizione di StreamYard è in realtà un po’ anomala: StreamYard sembra in buona salute dal punto di vista finanziario e in crescita.

Il modo in cui Bending Spoons agisce è controverso e spesso criticato: le acquisizioni di solito comportano il licenziamento dell’intero staff e l’aumento dei prezzi del servizio, facendo anche ricorso a pratiche e “dark pattern” per indurre gli utenti a spendere di più. L’azienda è diventata nota proprio per questa strategia e la ripeterà anche questa volta: tutti i dipendenti di StreamYard, circa 150, saranno licenziati.

«”Bending Spoons” but you’re the spoon»

Non si può però negare che la strategia funzioni: Bending Spoons è valutata 2,5 miliardi di euro, ha raccolto centinaia di milioni di euro di investimenti negli ultimi anni e gli stipendi dei suoi ingegneri software sono di gran lunga sopra la media italiana. L’anno scorso ha acquisito la famosa app per appunti Evernote, più di recente Meetup.com e qualche settimana fa si era ipotizzata anche l’acquisizione di Vimeo, grossa azienda che si occupa di streaming video, per 800 milioni di dollari. Quell’acquisizione non sembra più tra le opzioni ora che Bending Spoons ha scelto StreamYard, che possiede anche il servizio di hosting video Streamable.com, un competitor di Vimeo. Il fatturato di Bending Spoons aumenterà di almeno 70 milioni di dollari dopo questa acquisizione.

• Perché la Cina non sta regolamentando l’intelligenza artificiale

Il modo con cui la Cina norma il settore delle aziende tecnologie è spesso imprevedibile, scrive l’MIT Technology Review. Da un giorno all’altro il governo cinese è capace di passare dal complimentarsi per i risultati raggiunti dalle aziende di tecnologia a introdurre regole più severe e sanzionare pesantemente le stesse aziende.

La Cina sembra seguire uno schema a più fasi: prima lascia alle aziende la possibilità di espandersi e crescere, poi inasprisce rapidamente le regole e infine le allenta trovando dei compromessi. È cioè che è avvenuto ad esempio ad Alibaba, importante gruppo che si occupa di ecommerce e tecnologia, che nel 2021 è stato sanzionato per ben 2,8 miliardi di dollari per pratiche monopolistiche.

Si ipotizza che anche sull’intelligenza artificiale il governo cinese voglia seguire questa strategia: lascerà fare per un po’ in modo da dare una chance alle aziende di confermare gli obiettivi di supremazia e autosufficienza tecnologica del Paese e poi inizierà a frenare le aziende che si saranno prese troppe libertà. Per ora si sa che la Cina sta lavorando a una bozza di regolamentazione sull’AI ma gli esperti dicono che è improbabile sarà completata a breve.

Intelligenze artificiali

• In breve

— C’è una nuova versione di GPT-4 Turbo con capacità migliorate. Il modello esce così dalla preview durata sei mesi e torna in testa ad alcuni benchmark spodestando Antropic Claude 3 Opus. È già disponibile in ChatGPT Plus. (Twitter)

— Elon Musk ha svelato che il training di Grok 2 ha richiesto 20.000 GPU NVIDIA H100 e Grok 3 ne potrebbe richiedere 100.000. (Datacenter Dynamics)

— Ferret-UI è un nuovo modello AI di Apple in grado di interpretare le interfacce grafiche degli smartphone e completare operazioni. (Hwupgrade)

— La francese Mistral ha pubblicato un nuovo misterioso modello da 176 miliardi di parametri (8x22B). Non si sa ancora molto. (VentureBeat)

— Anche OVH, servizio cloud francese, si dà all’hosting dei modelli AI, partendo da quelli di Mistral. (Twitter)

— Spotify sta sperimentando una nuova funzione per generare playlist partendo da una descrizione testuale. (The Verge)

— Intel ha annunciato una nuova serie di chip chiamati Gaudi 3 che promettono di battere NVIDIA in applicazioni legate all’intelligenza artificiale. (Tom’s Hardware) Anche Meta ora ha i suoi chip per training e inferenza. (TechCrunch)

— Le funzioni Gomma magica, Magic editor e alcuni altri strumenti di ritocco di Google Foto saranno a breve disponibili per tutti e non solo ai possessori di smartphone Pixel. (9to5Google)

• Le istruzioni che Google ha dato a Gemini 1.5 Pro

Google ha aperto a tutti gli sviluppatori, tranne a quelli europei e del Regno Unito, l’accesso via API a Gemini 1.5 Pro. È il modello linguistico multimodale annunciato qualche settimana fa che ha sorpreso per la capacità di ragionare su testi anche molto lunghi, fino a un milione di token, al punto che qualcuno gli ha dato in input tutti i libri di Harry Potter (in un paper appena pubblicato Google definisce questa nuova tecnica “infini-attention”). È in grado anche di prendere in input audio e video e di riconoscere ad esempio il tono della voce e la bontà della pronuncia.

Come succede spesso, alcuni utenti sono riusciti ad estrarre il “system prompt” del modello, che contiene delle istruzioni inserite da Google come ultimo strato del processo di allineamento. Si legge che a Gemini viene chiesto di non avere opinioni personali né emozioni, di non “promuovere sé stesso” né mostrare il desiderio di “self-preservation” o di autocoscienza.

• Internet è troppo piccolo per l’AI?

Per realizzare GPT-4 si stima che OpenAI abbia raccolto 12mila miliardi di token (~parole) di testo dal web, usati poi per il training del modello linguistico. Se si continua con questo trend GPT-5 potrebbe richiedere tra 60 e 100mila miliardi di token e una quantità tale di testo di buona qualità potrebbe non essere liberamente disponibile sul web.

Un’inchiesta del New York Times ha svelato che OpenAI, Google e Meta stanno cercando di capire quanto vogliono impegnarsi per ottenere l’accesso ai dati in modo legale o se è invece più conveniente rischiare seguendo metodi di dubbia legalità. Ad esempio sembra che OpenAI abbia usato un milione di ore di video di YouTube per il training di GPT-4. È una pratica non consentita dai termini di servizio di YouTube, ma Google non avrebbe detto nulla perché lei stessa starebbe traendo beneficio dallo sfruttare la grande quantità di contenuti di qualità presenti su YouTube, con probabili implicazioni legate al diritto d’autore.

«The internet might be too small for their plans»
Deepa Seetharaman, WSJ

Google starebbe anche spingendo il più possibile per usare i dati pubblicati dagli utenti, ad esempio quelli di Google Workspace, mentre Meta avrebbe preso in considerazione di acquistare la importante casa editrice Simon & Schuster per avere accesso diretto ai libri.

A questo punto forse non sorprende più la spregiudicatezza e la disinvoltura con cui le big tech americane agiscono, ma non è l’unica via. Adobe ad esempio ha preferito pagare delle persone per fornire in licenza i propri contenuti. Si parla ad esempio di 120$ per 45 minuti di video.

Dal punto di vista tecnologico sorprende invece quanto sia difficile realizzare un’intelligenza a livello umano: un essere umano non ha bisogno di leggere l’intero scibile umano per diventare “intelligente”, ma non siamo ancora in grado di replicare la capacità di apprendimento umana in modo artificiale. La tesi di Yann LeCun, importante ricercatore nel settore a attualmente capo dell’AI in Meta, è che i modelli linguistici nella forma attuale non potranno mai diventare intelligenze artificiali generali perché si basano solo sul testo come forma di apprendimento, a differenza degli umani.

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Reti e telecomunicazioni

• In breve

— SpaceX e TIM faranno delle simulazioni per valutare se l’uso da parte di Starlink delle frequenze in licenza terrestre a TIM (28 GHz) per la comunicazione tra stazioni di terra e satelliti possa creare interferenze. (Startmag)

— Il nuovo accordo tra Fastweb ed EOLO permetterà a EOLO di sfruttare le frequenze FWA e la rete FTTH di Fastweb per estendere la copertura, mentre Fastweb beneficerà della rete EOLO. (DDay)

— Secondo MilanoFinanza un’eventuale “rete unica” frutto della fusione della rete TIM e Open Fiber non potrebbe comprendere le aree nere, cioè le grandi città (indicativamente non più qualche centinaia), per questioni di antitrust. (MilanoFinanza)

— Le persone hanno usato di meno Internet durante l’eclissi solare in America. (Cloudflare)

— La Cina ha imposto agli operatori di telecomunicazioni di smettere di usare hardware americano entro il 2027. (Yahoo Finance, WSJ $)

• Antipirateria: nemmeno il blocco dei domini funziona

Il sistema antipirateria Piracy Shield ha riacceso le discussioni su come andrebbe bloccata la pirateria online. Un aspetto che non è mai stato particolarmente considerato è riuscire ad avere una misura dell’efficacia dei provvedimenti contro la pirateria. Ad esempio in Italia sono molti anni che i nomi di dominio che portano a servizi illegali vengono bloccati, ma i domini possono essere di fatto “usa e getta” rendendo molto facile aggirare i blocchi.

Secondo l’European Union Intellectual Property Office esisterebbero circa 5mila siti in Europa che diffondono contenuti sportivi illegalmente. Se è vero come ha sottolineato di recente AGCOM che Piracy Shield ha bloccato quasi 10mila siti di streaming sportivo illegale in due mesi, significherebbe che avremmo risolto il problema della pirateria in Europa.

La realtà è un’altra ed è strettamente collegata al fatto che gli indirizzi IP e i domini sono trattati come risorse temporanee sostituibili. Il loro blocco non è quindi risolutivo e lo si nota anche osservando le liste dei domini bloccati, che sono spesso lettere casuali senza un significato. È insomma un “cat and mouse game”, una rincorsa continua per raggiungere un obiettivo difficilmente raggiungibile con i divieti.

• Un passo avanti per la CDN Rai?

Da qualche giorno Rai Way ha iniziato a scambiare traffico presso il Namex, l’importante punto di interscambio di Internet con sede a Roma. È in fase di “onboarding” anche a Milano, presso il MIX, con la rete AS209902. Sembrerebbe un primo passo per l’avvio di Rai Way Edge, un sistema di datacenter distribuiti sul territorio italiano che fornirà servizi edge. Accreditandosi presso gli Internet Exchange Point Rai Way può interconnettersi velocemente con centinaia di operatori e avere così un collegamento diretto con le altre reti.

Come ho scritto qualche mese fa, tra i servizi di Rai Way Edge ci sarà anche una Content Delivery Network (CDN), che sarà messa a disposizione dei content provider che necessitano di distribuire contenuti su larga scala. Tra questi si presume ci sarà prima di tutto Rai stessa, che con il suo servizio di streaming Rai Play genera ogni mese circa 70 Petabyte di traffico Internet e potrà così beneficiare del servizio Rai Way anziché affidarsi a fornitori esterni.

• L’importanza di Cloudflare, nel bene e nel male

The Verge ha intervistato il CEO di Cloudflare Matthew Prince approfondendo diversi temi che sono diventati sempre più importanti con la crescita di Cloudflare. Cloudflare è un servizio di accelerazione e protezione dei siti web che ha raggiunto un’enorme diffusione grazie al fatto che offre un piano gratuito piuttosto completo e senza limiti di traffico. La convenienza dell’offerta, unità al servizio generalmente di buona qualità, ha portato Cloudflare a diventare responsabile del 25% del traffico Internet, secondo le stime.

Una tale concentrazione ha sollevato molte questioni, sia tecniche che più etiche. Ad esempio, quanto è dannoso per l’ecosistema di Internet e in generale per la nostra società che una singola azienda sia responsabile del funzionamento di migliaia di sistemi critici. Dice Prince: «People do rely on our networks. There are aircraft that can’t take off if Cloudflare doesn’t work. There are cash registers around the world that don’t work if Cloudflare doesn’t work. There are ATMs around the world that don’t work if Cloudflare doesn’t work». (Proprio qualche giorno fa Cloudflare ha avuto un importante disservizio nel “control plane”, il secondo in pochi mesi.)

E poi: il fatto che il servizio offerto da Cloudflare sia abbastanza unico può diventare un rischio per la libertà di espressione? Con quali regole Cloudflare decide se un sito può utilizzare il servizio e qual è il confine? Nell’intervista trovate alcuni spunti interessanti.

«And Cloudflare is not a government, and no big tech company is. But if you think about it, on a daily basis, more people interact with Cloudflare’s network than live in any country on Earth»
Matthew Prince, Cloudflare

Cybersecurity

• Pasticci in Sella: alcuni dettagli sulle cause dei disservizi

La banca Sella ha avuto grossi problemi ai propri servizi per cinque giorni interi, da domenica 7 aprile alla sera di giovedì 11. L’app Sella è stata per la maggior parte del tempo completamente inaccessibile mentre l’home banking tramite il sito web aveva funzionalità molto limitate. I problemi hanno inizialmente toccato anche i pagamenti con carta ed erano presenti anche su Hype, il brand secondario di Sella, per un totale di più di 3 milioni di clienti coinvolti.

I problemi sono comparsi dopo una manutenzione programmata svolta nel weekend in cui Sella dice di aver installato un aggiornamento del sistema operativo Oracle. Questo aggiornamento avrebbe creato una situazione di “instabilità” evidentemente molto difficile da risolvere.

Secondo quanto dichiarato a Radio 24 da Antonio Fortuna, responsabile IT di Sella, l’aggiornamento ha «reso alcune risorse tecnologiche indisponibili». Il Sole 24 Ore ha aggiunto che l’aggiornamento avrebbe causato «un’improvvisa richiesta eccessiva di capacità delle CPU». Anche il CEO di Hype ha specificato che da domenica si sono accorti che «i database su cui poggiano le transazioni e i servizi online […] rispondevano molto più lentamente del solito causando un collo di bottiglia nell’esecuzione delle operazioni».

E cioè sembra che a seguito dell’aggiornamento, che secondo Sella era stato preventivamente testato, le risorse computazionali di qualche sistema critico non erano più sufficienti per offrire tutti i servizi della banca. Da qui la necessità di limitare i servizi disponibili per dare la priorità a quelli più importanti, come i pagamenti con carta e gli sportelli, a discapito dei servizi online che infatti sono rimasti largamente inaccessibili per tutta la settimana.

Si tratta in ogni caso di un’interruzione molto grave e non si ha memoria di casi simili: una settimana intera di problemi per una banca è una mancanza seria e potrebbe avere effetti significativi anche sulla sua reputazione.

Detto questo, quando ci sono di mezzo questioni così complesse conviene evitare di fare conclusioni affrettate. Dopotutto il gruppo Sella è tra i più innovativi nel settore bancario in Italia: nel 2015 ha lanciato Hype, la prima fintech italiana 100% mobile, mentre nel 2018 ha creato Fabrick, un’azienda dedicata alla gestione dei sistemi digitali di pagamento che realizza anche software per l’open banking. Va infine considerato che le banche sono dei mostri strani, usano hardware fuori dal comune e sistemi operativi e database di livello enterprise con garanzie di integrità e consistenza elevate. Senza conoscere queste tecnologie e i dettagli è difficile trarre conclusioni.

In real life

• Gli stipendi degli sviluppatori software nel mondo

I salari lordi degli sviluppatori software nel mondo secondo i dati dello Stack Overflow Developer Survey 2023: l’Italia ha una media poco sopra 40mila $ (37mila €), 25° percentile a circa 30mila € e 75° percentile poco sopra 50mila €.

Appunti

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