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IN REAL LIFE

L’enorme pasticcio del Piano Italia 1 Giga: la metà delle case da coprire non esiste

Qualche giorno fa il parlamento ha approvato il cosiddetto emendamento “salva Piano Italia 1 Giga”: permetterà a TIM e Open Fiber di sostituire degli indirizzi inesistenti che il Piano Italia 1 Giga richiederebbe di coprire con altri numeri civici adiacenti, a scelta degli operatori.

Il Piano Italia 1 Giga fa parte del PNRR e prevede un contributo pubblico a fondo perduto del 70% agli operatori per realizzare una rete in fibra ottica (FTTH) a 1 Gbps nelle aree che ne sono ancora sprovviste, circa 6,8 milioni di numeri civici per un investimento di quasi 4 miliardi di euro. La combinazione di questo piano, del piano BUL e degli investimenti privati dovrebbe secondo le stime consentire di arrivare a una copertura in fibra ottica a 1 Gbps della stragrande maggioranza della popolazione entro il 2026.

L’intoppo che già nei primi mesi TIM (FiberCop) e Open Fiber, i due operatori a cui nel 2022 sono stati assegnati i fondi, hanno rilevato è che ci sono delle forti discrepanze tra gli indirizzi previsti dal bando e la realtà: risulta infatti che il 48% degli indirizzi da coprire, più di tre milioni, non esiste oppure non contiene unità immobiliari.

Il motivo è una vecchia questione trascurata negli anni che ora presenta il conto: in Italia non esiste un database nazionale, pubblico e soprattutto affidabile dei numeri civici. Il tentativo più concreto che è stato fatto è l’ANNCSU, un progetto di ISTAT e Agenzia delle Entrate recentemente entrato a regime, che però consiste in un database incompleto, non diffuso pubblicamente e soprattutto arrivato troppo tardi.

Per questi motivi sia il governo che le aziende del settore si sono negli anni affidati a un’azienda privata, la Egon, che si autoproclama “standard nazionale” degli indirizzi e fornisce un database di dati stradali, a pagamento. Come abbiamo visto questo database è però molto grossolano e evidentemente inadeguato; è per questo che si è dovuto improvvisare questo “salvataggio” del piano, un rimedio retroattivo che sta creando un po’ di contestazioni.

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